giovedì 2 maggio 2013

Rane che saltano e tassi di crescita delle Nazioni



Leggo da un articolo di Stefano Feltri, economista solitamente ben informato, di un evento veramente stupefacente.
I numeri sbagliati dell’austerità (e degli economisti)
Pare dunque che la comunità scientifica sia rimasta recentemente sconvolta dalla scoperta fatta da uno studente universitario al primo anno, il quale, tre anni dopo la sua pubblicazione, ha preso i dati contenuti in un articolo scientifico e ha verificato che c’erano errori di calcolo.
Poco male, si potrebbe dire.

Il problema però è che l’articolo in questione, pubblicato nel 2010 da Kenneth Rogoff e Carmen Reinhart (RR) dell’università di Harvard, è uno dei più citati dagli economisti, anche perché pareva dare basi scientifiche a sostegno delle politiche di austerità e rigore economico su cui si stanno basando le scelte economiche europee.

In sostanza nel loro studio i due ricercatori confrontavano le economie di molti Paesi tra il 1945 e il 2009 e scoprivano che quelli con il minore indebitamento pubblico hanno anche avuto un tasso di crescita della loro economia superiore.
Da qui la comunità degli economisti aveva tratto il dogma che la riduzione del debito pubblico è, per quanto sgradevole, necessario per recuperare la crescita economica e quindi ritornare alla prosperità.

Feltri scrive che l’errore di calcolo sia da attribuire ad una imperfetta gestione dei dati di Excel, software con cui sono stati trattati i dati da RR.
Leggendosi invece l’articolo che evidenzia gli errori, a firma di Thomas Herndon, Michael Ash e Robert  Pollin, si scopre che tali errori sono dovuti proprio ad una gestione sbagliata fatta dai ricercatori.

Ma lasciamo stare gli errori di calcolo e quindi i dati numerici contenuti nell’articolo, tanto più che i due autori dell’articolo originario (RR) ammettono di aver commesso gli errori ma affermano anche che non cambiano la natura delle conclusioni tratte dai dati.

Guardiamo invece quali sarebbero le conclusioni che l’articolo consente di trarre.
Questo studio scientifico in buona sostanza è un’analisi statistica che dimostra che bassi Debiti Pubblici si accompagnano ad alti Tassi di Crescita. Ovvero che le due condizioni si verificano insieme.
Ma da qui a dire che le due cose hanno una chiara relazione causa-effetto ce ne corre parecchio!

Questa storia mi ricorda un esercizio che feci al primo anno d'Università (la facoltà era Fisica, ma non fa niente, la sostanza è la stessa).
Dunque il testo spiegava un esperimento in cui delle rane erano condizionate a saltare all'udire un certo suono: un semplicissimo riflesso pavloviano.
Fatto ciò si prendevano alcune rane e le si tagliavano le gambe (era un esperimento ipotetico, quindi non telefonate alla Protezione Animali!)
Chiaramente a quel punto quando quelle rane udivano il suono condizionante non saltavano più.
La conclusione degli sperimentatori era dunque la seguente: tagliando le zampe alle rane esse diventano sorde!

Bene, quello che hanno fatto i nostri due geniacci con il loro studio è stata una cosa molto simile.
Stabilire infatti che due grandezze siano in qualche modo correlate non significa stabilire che esiste un rapporto univoco causa-effetto tra le due.
Questa conclusione è tutt'altra e VA DIMOSTRATA chiaramente, altrimenti si rischia di arrivare a conclusioni risibili come quelle dei ricercatori con le rane.
E la cosa più bella è che la comunità degli economisti gli è andata dietro in toto!

Anche ammesso che lo studio sia corretto (e vista l’attendibilità dei personaggi c’è di che avere dubbi) non dimostra affatto che abbassare il livello del Debito possa condurre a Crescite superiori.
Dimostra semplicemente che le nazioni che sono riuscite a mantenere un basso livello di indebitamento sono probabilmente più solide economicamente al punto da mantenere tassi di crescita migliori.
Non capire questa differenza è tanto surreale quanto ridicolo.

Infatti a me sembra francamente incredibile pensare che una comunità scientifica come quella degli economisti possa essere caduta in un errore così marchiano senza ipotizzare una vera e propria malafede.
Ovvero, non potrebbe essere che si voleva cercare supporto scientifico per una certa politica?

Sia come sia, capite in quali mani noi affidiamo il futuro dei nostri figli?
A gente che ragione come chi pensa che se tagliamo le zampe alle rane esse diventano sorde...

mercoledì 24 aprile 2013

La tempesta perfetta


Leggo dell’incarico appena dato ad Enrico Letta per formare il nuovo governo.
Non si può dire che non me l’aspettavo, anzi ne ero quasi certo.

Mi viene in mente un film: la tempesta perfetta. Ve lo ricordate?
E sì, perché c'era una candidatura che esprime una prosecuzione più piena, più pedissequa, dell'agenda Monti?
Nessuna, Enrico Letta è la perfezione, la sublime incarnazione.
Mi ricordo che all'indomani dell'incarico a Monti il giovane Letta fu sorpreso a scrivere un pizzino traboccante entusiasmo e disponibiltà a collaborare verso il nuovo presidente del consiglio. Ricordate?

E adesso improvvisamente tutti i tasselli del puzzle vanno al loro posto, a partire dalle assurde vicende legate all’elezione del Presidente della Repubblica: si capisce perché Rodotà, ma neppure Prodi, andassero bene.
Ci voleva Napolitano.

Ci voleva che a rispondere al telefono agli stessi Potenti che a fine 2011 pilotarono la crisi italiana ci fosse lo stesso interlocutore di allora, il medesimo Presidente (non essendo riuscita la politica italiana a produrre un suo clone sufficientemente somigliante).
Era necessario che la linea allora dettata, che avrebbe portato per nostra somma sciagura al governo Monti, fosse riconfermata.
Che la tela ordita fin dai primi giorni successivi alle recenti elezioni portasse a questo altrettanto sciaguratissimo incarico, la sua logica conferma e prosecuzione.

Per l'appunto la tempesta perfetta.
Che regolarmente si abbatterà sulle nostre teste nei prossimi mesi, potete scommetterci.

Ci spiegheranno che la crisi continua ad imperversare, che è necessario mantenere alta la guardia, che si deve assolutamente tenere sotto controllo la spesa pubblica, che l’ulteriore manovra fiscale si è resa necessaria a causa della tale circostanza, eccetera eccetera.
E intanto continueremo la politica della macelleria sociale, delle imprese che chiudono, dei disoccupati che aumentano, della gente che si impoverisce giorno dopo giorno.

Avranno anche il coraggio di ammettere che le politiche di austerità e rigore in fondo non hanno raggiunto i risultati sperati, perché in fondo un contentino al popolo-bue che dovrà continuare ad essere massacrato bisognerà pur darlo, no?
Avete presente il signor Malaussene di Pennac, di mestiere capro espiatorio?
Quello che lavora all’ufficio reclami, viene chiamato e subisce una sonora lavata di testa dal capufficio di fronte al cliente, che quindi se ne va soddisfatto? Dopo la reprimenda al signor Malaussene, infatti, tutto continuava esattamente come prima.
E potete scommettere che dopo le critiche e autocritiche alle politiche di austerità, ai tagli dello stato sociale, agli aumenti orizzontali delle tasse, nulla cambierà: si continuerà a colpire la gente.

E’ la tempesta perfetta, per l’appunto.
Qualcuno ha già deciso qual è la sorte italiana.
Rassegnamoci, ormai siamo una colonia.

D’altro canto non si può negare che l’Italia abbia fatto con Letta una innegabile scelta di competenza e meritocrazia, così come fece con Monti, il quale dimostrò tutto il suo valore e le sue capacità di previsione quando affermò: “l'euro ha portato indubbi benefici a tutte le economie dell'eurozona, in particolare alla Grecia".

Infatti nel 1997 Enrico Letta scriveva così nel suo libro "Euro sì. Morire per Maastricht":
“vale la pena di morire per l'Euro e Maastricht come nel 1939 valeva la pena di "morire per la Polonia" (...) non c'e' un Paese che abbia, come l'Italia, tanto da guadagnare nella costruzione di (...) una moneta unica (...) abbiamo moltissimi imprenditori piccoli e medi che (...) quando davanti ai loro occhi si spalanchera' il grandissimo mercato europeo, sara' come invitarli a una vendemmia in campagna. E' impossibile che non abbiano successo (...) il mercato della (...) moneta unica sara' una buona scuola. Ci troveremo bene (...)"

Particolarmente preveggente il passagio sui moltissimi imprenditori italiani che “è impossibile non abbiano successo”, non vi pare?

Però in fondo è coerente: vale la pena morire per l’Euro. Naturalmente però a morire non sarà lui, ma qualche milione di italiani, i più sfigati, che si immoleranno per la causa dell’eurozona.
E vabbè, si tratta di dettagli: d’altra parte non esistono “pasti gratis”, no?
Così recita un vecchio motto assai caro agli economisti...

Credo che fosse proprio inevitabile che uno scienziato di tal fatta l’Italia lo avesse posto alla Presidenza del Consiglio, non ne convenite?

mercoledì 27 marzo 2013

A casa i VIP



Dunque il Governatore della regione Sicilia Rosario Crocetta ha licenziato due suoi assessori, i due più noti: il musicista Franco Battiato e lo scienziato Antonino Zichichi.
Per Battiato il problema è stato il suo intervento nel Parlamento Europeo, in cui ha usato quella frase così forte e criticatissima “il parlamento è pieno di troie”.
Per Zichichi pare invece che l’esclusione sia soprattutto causata dalle sue troppe assenze, anche se Crocetta ha anche aggiunto “ma io non potevo intervenire ogni giorno per spiegare e sottolineare che erano posizioni personali di Zichichi, che il mio governo è contro il nucleare e che non vogliamo il Muos”.

Di conseguenza il mio commento è: bravissimo Crocetta!

Anzitutto perché, aldilà del merito dei due dimissionamenti, ha avuto il coraggio di prendere posizione e fare azioni decise in un paese in cui tutto è inciucio, accordo sottobanco e compromesso.
E' ora di cambiare aria, ed è un'ottima notizia il fatto che un cambio deciso di direzione non sia solo appannaggio del M5S, ma che si possano trovare "uomini nuovi" anche nel PD.

Inoltre, entrando nel merito:
per quanto Battiato abbia essenzialmente ragione, ovvero ha dato corpo ad idee che la maggior parte degli italiani condividono, esiste un problema di etichetta, di forma, di rispetto e di educazione che impediscono di usare un certo linguaggio in un'aula parlamentare.
Dispiace sinceramente per Battiato, che continuo a stimare, ma credo che la risposta di Crocetta possa essere considerata un "atto dovuto".

Invece, per quanto riguarda il famoso Zichichi, non ho proprio nessun rammarico, perché è proprio un perfetto rappresentante della vecchia politica, di quella politica di cui stiamo cercando di liberarci: assenteista (come si può pensare di fare l'assessore in Sicilia lavorando in Svizzera è sinceramente un mistero) e asservito alla logica dei poteri forti e delle grandi opere.
Meglio perderlo che trovarlo.
Sarebbe stato assai meglio non candidarlo proprio per niente, ma comunque meglio tardi che mai.
Gente che ancora sostiene l'assurdità del nucleare e che appoggia l’ennesima riverenza servile all’arroganza colonialista americana (il Muos, mostruosità intollerabile) dovrebbe essere messa a riposo senza tentennamenti.

Eppoi diciamocelo: questa storia della politica affidata ai VIP, a gente che ha per lo più solamente un credito d’immagine e quindi consenso elettorale da portare, ma quasi sempre nessuno o minimo contributo di idee, presenza, impegno e soprattutto volontà di fare VERAMENTE il bene collettivo, ha stufato.

martedì 4 dicembre 2012

Il governo Monti si autopromuove



Dunque dopo l'autocertificazione eccoci all'introduzione di un altro importante "auto": l'autopromozione del Governo.
Lo ha fatto qualche giorno fa il presidente del consiglio Monti con un lungo documento emesso in occasione del primo compleanno del suo governo.

Solo che mentre l'autocertificazione ha un senso abbastanza condivisibile, non si capisce bene che senso abbia una persona o gruppo che si "autopromuove". La promozione ha senso se viene data da una qualche autorità esterna e terza, dopo esser stati sottoposti ad un qualche tipo di esame, altrimenti credo che ci faremmo tutti promossi, no?
Questa è la tanto decantata meritocratizia del governo "tecnico"?

Il governo decanta, in un documento che trasuda ottimismo, buoni proponimenti e vaticini sul futuro che sono largamente campati in aria, soprattutto due grossi meriti: il risanamento finanziario e l'aumento di credibilità internazionale della Nazione.
Sul secondo non credo ci possano essere troppi dubbi: sicuramente Monti ha notevolmente aumentato la credibilità all'estero del governo italiano.
Ma diciamocelo molto francamente, davvero riuscire ad essere più credibile di quella specie di governo da avanspettacolo, quella scassatissima armata Brancaleone messa in piedi da Berlusconi and company può essere considerato un gran vanto?
Sia come sia, certamente la credibilità internazionale è aumentata, e concediamo pure al governo attuale il merito di questa "sfida" vinta.

Però: basta una spruzzatina di credibilità a promuovere un governo, soprattutto in una fase di così acuta crisi?
Io direi proprio di no.
Passiamo allora all'altro nodo gordiano dei supposti meriti di Monti: il risanamento finanziario.
Da mesi si sentono i nostri illustri ministri e il loro presidente intonare in molteplici varianti il solito ritornello, "abbiamo messo in sicurezza i conti pubblici".
Ma quanto è vera questa affermazione?
E soprattutto: quanto di questo supposto risanamento è stato fatto a spese dell'economia nazionale?

Perché il punto critico della questione sta proprio qui: "risanare" i conti dello Stato è una operazione che può essere fatta in molti modi differenti.
C'è una via veramente molto facile, che consiste nel far pagare il conto ai cittadini attraverso l'aumento della pressione fiscale e la diminuzione della spesa sociale.
Questa strada è talmente facile che ci sarei riuscito pure io, senza grandi sforzi: non serviva un governo di "fenomeni" come i super-tecnici di Monti.
Naturalmente il problema è che questa "soluzione" risulta certamente sgradita alla gente, con la conseguente diminuzione di consenso verso la classe politica che l'ha adottata.

E infatti abbiamo visto come i furbacchioni dei nostri politici hanno gestito la cosa: finché c'era da "cicaleggiare" se ne sono stati col culo al calduccio nelle loro poltrone, poi quando il malaffare da loro stessi perpetrato è cresciuto fino al punto da configurare il rischio del fallimento dello Stato, hanno fatto "responsabilmente un passo indietro" e hanno messo un drappello di "tecnici" al governo, in modo tale che le decisioni impopolari potessero poi risultare prese da altri, cosicché alle successive elezioni ci si possa presentare alieni da queste "colpe" agli occhi degli elettori.

Siamo arrivati addirittura al "paradosso" che i politici che mantengono in vita l'attuale governo con il loro sostegno parlamentare si permettono tuttavia di criticarne i provvedimenti in quanto troppo "gravosi" per il popolo.
E sicuramente nella prossima campagna elettorale ascolteremo molti esponenti della attuale "strana maggioranza" che sostiene il governo Monti puntare il dito contro questo o quel provvedimento, affermando che "quando la politica ritornerà a prendere il controllo del governo" (ovvero quando loro, dal giorno dopo le elezioni, ricominceranno a spartirsi la torta della grande abbuffata) certamente faranno tutt'altro.

Verrebbe da chiedergli "ma scusate, se siete così contrari a questo provvedimento perché non avete imposto al governo di ritirarlo, visto che il governo lo tenete in piedi voi?"
Ma la risposta bell'e pronta c'è già: per senso di responsabilità, perché altrimenti l'Italia rischia di affondare senza un governo in carica in grado di assumere provvedimenti anche molto impopolari.
Infatti ci sono politici che parlano esplicitamente di "medicina Monti".

E qui, su questo richiamo alla supposta "medicina Monti" possiamo ritornare al tema che avevamo lasciato. La vuota retorica che vuole il governo Monti "medicina" dei conti pubblici, la stessa che è dietro la sua "autopromozione", si basa sulla assunzione che abbia effettivamente risanato finanziariamente lo Stato, che ciò sia stato fatto in maniera durevole ("abbiamo messo in sicurezza...") e soprattutto che ciò non sia stato fatto a danno dell'economia nazionale.

E invece, andando a vedere i provvedimenti presi, si vede subito che tutto ciò è tristemente smentito dai fatti.
Anzitutto è molto discutibile che sia stato risanato alcunché delle finanze pubbliche, come si vede dall'andamento del deficit pubblico che non mostra miglioramenti sostanziali, anzi si prevede sarà anche maggiore di quello che ci lasciò il prode Berlusconi.
Purtroppo, caro presidente Monti, la promozione come a scuola si conquista con i fatti, ovvero con i voti, e non con le chiacchiere!
Il fatto che il deficit del 2012 sarà del 2,9% del PIL è incompatibile con dichiarazioni di risanamento dei conti pubblici.

Quindi non solo il governo Monti non ha risanato proprio un bel niente, ma tutte le misure prese su tal fronte si sono rivelate nient'affatto durevoli, cosa dimostrata dal fatto che puntualmente dopo ogni manovra di "messa in sicurezza dei conti pubblici", nel giro di tre-sei mesi c'è stato bisogno di "ritocchi" o "aggiustamenti".

E qui si arriva al punto veramente più critico dell'azione dell'attuale governo.
Gli aggiustamenti richiesti alle manovre economiche di presunto risanamento dipendono da un fatto tanto semplice quanto devastante: la politica di risanamento del governo Monti è una politica recessiva.
Ovvero, riprendendo quanto scritto sopra, il risanamento vantato è stato fatto a spese dell'economia nazionale.
Funziona in questo modo semplice: aumentare le tasse, aumentarle anche di poco ma in maniera "orizzontale", cioè in modo tale che l'aumento gravi su tutti i ceti sociali, e diminuire la spesa sociale (anche questa diminuzione è orizzontale) produce una immediata contrazione dei consumi.
La contrazione dei consumi significa anche, dopo pochi mesi, diminuzione degli ordinativi all'industria e della produzione, ovvero diminuzione del Prodotto Interno Lordo.
Il calo dei consumi e del PIL significano calo del gettito fiscale, perché le tasse ovviamente si pagano in proporzione ai redditi e ai consumi, quindi l'aumento delle tasse conduce alla... loro diminuzione!

Stessa cosa per la spesa pubblica: diminuisce la spesa, quindi l'economia va ancora più in crisi, la disoccupazione e il disagio sociale aumentano e quindi aumenta la spesa pubblica in ammortizzatori sociali e altra spesa sociale in generale. A meno che non si decida da abbandonare ampie fasce al loro destino, il che però si traduce in un ulteriore crollo dei consumi.

Comunque le si guardano, le politiche recessive non possono far altro che generare recessione: i risparmi di spesa pubblica e i maggiori gettiti fiscali sono vanificati nel giro di pochi mesi, perché quando l'economia va indietro non va male solo per la gente, ma anche per lo Stato.

Dunque il risanamento dei conti pubblici vantato da Monti è solo apparente.
E infatti, a conferma di tutto ciò, in tutti gli indicatori macroeconomici del 2012 (occupazione, deficit, bilancia commerciale con l'estero, ordinativi all'industria, eccetera) non ce n'è uno solo che faccia pensare ad un effettivo risanamento (a parte il solo valore dello spread, che effettivamente mostra importanti miglioramenti).

E' da evidenziare che queste affermazioni sono così evidenti che non vengono negate neppure dai protagonisti, e infatti lo stesso Monti nel documento sopra citato ripete più volte che "molto di più si sarebbe dovuto fare in favore delle classi più disagiate del Paese".
La giustificazione che Monti e la sgangherata coalizione che lo mantiene al governo del Paese adduce è naturalmente l'assoluta condizione di emergenza della crisi italiana.

Prima obiezione: siamo in crisi dal 2008, non da poche settimane, oppure non ve ne eravate accorti? Non si poteva scegliere strategie più accorte un pochino prima?

Seconda obiezione: sarà mica che la Casta di trovare soluzioni alternative all'emergenza rispetto alla classica "dottrina Petrolini" (vedi qui), cioè della "spremitura dei poveri che hanno poco, ma sono tantissimi" non ci ha mai pensato e non ci vuole proprio pensare?

Perché questo sarebbe il vero risanamento delle Finanze pubbliche, altro che aumento di tasse e diminuzione della spesa sociale!
Mettere finalmente mano ad una vera, profonda ed incisiva politica di redistribuzione della ricchezza che innalzi la qualità di vita dei ceti più bassi e li faccia rientrare nel circuito del consumo (perché senza consumo non c'è produzione, qualcuno lo dovrebbe spiegare ai nostri "tecnici").
Recuperare una buona parte dei 120 miliardi di euro di evasione fiscale (tutti soldi che non verrebbero dalle "classi più disagiate" ma da ceti che invece in barba alla crisi stanno benissimo e anzi continuano imperterriti ad arricchirsi).
Tagliare la corruzione e le spese incontrollate della politica italiana (non solo lo stipendio e il numero dei parlamentari, ma proprio di tutta la politica, a partire dai consigli regionali, provinciali e comunali, fino all'infinita teoria di enti pubblici e parastatali).
Eliminare le follie delle grandi opere (TAV, ponte sullo stretto, F-35, inceneritori, eccetera) che non servono a nient'altro che a generare enormi appalti che poi possano diventare enormi mazzette.
Combattere frontalmente l'economia sommersa della criminalità organizzata e riportarne gli enormi profitti dentro lo Stato con espropri, sequestri e requisizioni.

Eccolo il VERO RISANAMENTO di cui ci sarebbe bisogno in Italia.
E cosa ha fatto Monti e il suo governo su questi punti?
Un bel niente, qualche manfrina sul fronte evasione, più ridicola che altro.
Un taglio di qualche provincia.
Quasi niente sul fronte grandi opere.
Di redistribuzione della ricchezza neppure si parla.
Insomma, praticamente non si è fatto proprio niente!

Il punto è sempre il solito, cioè che tutti i provvedimenti di vero risanamento elencati sopra spostano il gravame dell'azione dal popolo bue ai ceti più elevati, a quella minoranza di furbetti che evadono, corrompono e si lasciano corrompere, fanno affari con le mafie, prendono mazzette, e per fare tutto ciò hanno anche il coraggio di incassare lauti stipendi pagati dalla collettività!

Caro presidente Monti, di risanamento finanziario dello Stato nel suo primo anno di governo non si è vista nemmeno l'ombra, e io temo che nemmeno lasciandola al governo per dieci anni si vedrebbero tracce.